Il “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” delinea un nuovo percorso a ostacoli per diventare docenti
Il Decreto-legge n. 36 del 30 aprile 2022, relativo al PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, convertito nella Legge 79 dal Parlamento lo scorso 28 giugno, ha modificato in maniera sostanziale il reclutamento e l’accesso ai ruoli per i futuri docenti di scuola secondaria di primo e secondo grado.
La riforma infatti prevede il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento con l’acquisizione di 60 CFU, una parte dei quali con attività di tirocinio diretto presso le scuole e il superamento di una prova finale. I 24 CFU eventualmente già in possesso, almeno per un primo periodo di transizione, saranno utili al raggiungimento dei 60.
Completato questo percorso abilitante, si potrà partecipare ai concorsi pubblici nazionali su base regionale, che si svolgeranno a cadenza annuale. I nuovi concorsi si articoleranno con una prova scritta a risposta aperta e un orale. I vincitori, per essere confermati in ruolo, dovranno svolgere un anno di prova in servizio, con test finale e valutazione conclusiva da parte della scuola.
Per i neo-assunti sarà inoltre obbligatorio seguire percorsi triennali di formazione in servizio per sostenere i processi di innovazione didattica, che rimarranno facoltativi per i docenti già di ruolo prima della riforma. Il sistema di formazione e aggiornamento permanente sarà centralizzato e a tal fine verrà istituita dal Ministero una “Scuola di Alta Formazione”, in collaborazione con Indire e Invalsi, con lo scopo di promuovere e dirigere la formazione in servizio dei docenti, organizzare le verifiche intermedie, annuali e l’esame finale del percorso formativo. I docenti in prova verranno inoltre sottoposti ad una valutazione del lavoro svolto in classe e delle competenze didattiche maturate, a cura del Comitato di Valutazione della scuola di servizio.
A conclusione di questo percorso, sempre che si ottenga una valutazione positiva e che si rientri nei parametri di spesa previsti dal Ministero, una percentuale di docenti potrà ricevere un riconoscimento retributivo una tantum di carattere accessorio.
Pur considerando il lodevole tentativo, da parte del Ministero, di mettere mano e uniformare il reclutamento dei docenti, riforma necessaria considerato l’enorme numero di precari che ogni anno tiene in piedi la scuola italiana, questo percorso lungo e ad ostacoli non pare possa incoraggiare giovani laureati ad intraprendere la carriera dell’insegnamento, una professione che, dati alla mano, prevede un carico di lavoro sottostimato e non riconosciuto, mantenendo, di contro, gli stipendi al di sotto della media del settore pubblico e tra i più bassi in Europa.
Di seguito la parte del decreto relativa all’istruzione:
Articolo scritto da Pina Catalanotto, collaboratrice Ed-Work ed insegnante