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50.000 gli adolescenti Hikikomori in Italia

La scuola è un presidio fondamentale per prevenire il ritiro sociale  

Gli Hikikomori  sono ragazzi e giovani adulti che decidono di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi, rinchiudendosi in casa, senza avere nessun tipo di contatto fisico con il mondo esterno, ma solo attraverso Internet.

il fenomeno sembrava interessare solo il  Giappone, paese culturalmente distante da noi,  ma  la prima rilevazione quantitativa  condotta sulla popolazione studentesca italiana 15-19enne  restituisce numeri allarmanti.  

L’indagine è stata promossa dall’ Associazione Gruppo Abele in collaborazione con l’Università della Strada e realizzata nel 2021 dall’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (CNR-Ifc) nel più ampio  studio ESPAD®Italia (European School Survey Project on Alcohol and Other Drugs), che ogni anno fotografa il  consumo di sostanze psicoattive tra i giovani. Nell’edizione 2021 ESPAD Italia più di 12.000 ragazzi hanno infatti risposto a domande volte a intercettare il fenomeno attraverso un’autovalutazione relativa  sia ai comportamenti che alle cause percepite.

E’ emerso che quasi un quinto (il 18,7%) degli studenti si è isolato nel corso della propria vita per un tempo significativamente lungo e  il 2,1%, si auto attribuisce la definizione di Hikikomori.  Le relative proiezioni portano a una stima di circa 54.000 studenti italiani di scuola superiore che si identificano in una situazione di ritiro sociale .

Fra le cause dell’isolamento, assume forte rilevanza un  sentimento di vergogna sociale nei confronti dei propri pari e  un senso di inadeguatezza prestazionale rispetto alle richieste del contesto, mentre si evince una fatica diffusa nei rapporti coi coetanei, caratterizzati da frustrazione e autosvalutazione. 

Un altro dato parzialmente sorprendente riguarda la reazione delle famiglie: più di un intervistato su 4, fra coloro che si definiscono ritirati, dichiara che i genitori avrebbero accettato la cosa apparentemente senza porsi domande. 

Dalla ricerca si desumono indicazioni preziose e chiare: La scuola è il luogo privilegiato di intervento per quanti manifestano una tendenza al comportamento di ritiro. Paradossalmente infatti  la scuola, che costituisce il luogo di maggiore sofferenza relazionale, è anche l’istituzione che non può essere abbandonata volontariamente, senza ostacoli e difficoltà. Emerge pertanto la necessità di stringere sempre di più la collaborazione tra scuola, famiglie e servizi socio-sanitari pubblici e del privato sociale per intercettare il fenomeno precocemente, in particolare durante il primo biennio delle superiori. 

Prosegue, intanto,  l’’intervento educativo “Nove ¾”,  iniziato dall’Associazione Abele nel 2020:  un progetto sperimentale, in rete con il sistema scolastico e i servizi socio-sanitari,  che cerca di rispondere concretamente alle famiglie ed ha come obiettivo la validazione di una strategia di intervento che possa qualificarsi come “prassi percorribile” e poi generalizzabile in altri contesti territoriali. Il progetto si è fatto finora carico di una quarantina fra ragazzi e ragazze che sono stati affiancati a domicilio, con la possibilità di frequentare un centro laboratoriale dedicato, per svolgere  attività individuali o in piccolo gruppo con “maestri di mestiere” a partire dagli interessi da loro stessi espressi

Sul sito dell’associazione Gruppo Abele i risultati dell’indagine: https://www.gruppoabele.org/it-schede-1579-vite_in_disparte